Talvolta siamo costretti ad affrontare problemi che abbiamo in tutti i modi cercato di eludere per tutta la vita. Quando capita, avendo dedicato ogni energia a s-fuggire, non ne abbiamo più per agire. Questo succede anche alle comunità bellunesi che sono costrette a una scelta che hanno sempre rinviato. Ora non possono più nascondersi e sperare che tutto continui come prima.
Nel definire la necessaria manovra finanziaria per riequilibrare i conti pubblici il Governo ha dato prova di una congenita incapacità ad affrontare i problemi reali. Ci ha detto che tutto andava bene, mentre il debito dello Stato cresceva fino al valore mostruoso di 1,2 volte il prodotto interno lordo annuo. E’ come se una famiglia avesse avuto un reddito di 100 mila euro e ne spendesse 120 mila ogni anno, per molti anni.
Per affrontare questa situazione, con grave e colpevole ritardo (ma non andava tutto bene?), ha fatto proposte incongrue, improvvisate e contraddittorie. Una di queste è quella di abolire tutte le provincie. Devono farlo perché la demagogia ha le sue regole, devono dimostrare di tagliare i costi della politica, con una misura che non taglia i costi ma li scarica sui cittadini. Per la provincia di Belluno sembra non cambi nulla perché i tagli dei trasferimenti (-13.825.668 milioni di euro su un bilancio di 79.404.800 milioni compresi 15 milioni di mutui) le impedirebbero comunque di svolgere i propri compiti istituzionali. In questo modo strangolano l’ente in ogni caso.
Il vero problema è che la struttura amministrativa dello Stato e delle Regioni non è più in grado di assolvere i propri compiti, perché la globalizzazione economica ha destrutturato gli Stati nazionali e le loro articolazioni amministrative. Questo è evidente in provincia di Belluno. Abbiamo sempre vissuto all’ombra dei trasferimenti statali e regionali, rinunciando all’esercizio di reale potere in cambio dell’esonero dalla responsabilità di scegliere. Andando di volta in volta con il cappello in mano a Roma e a Venezia a chiedere ciò che sarebbe nostro diritto avere.
Ora dobbiamo scegliere. Vogliamo, in futuro, essere subordinati alle decisioni venete e romane fino al punto di essere amministrati da proconsoli formalmente eletti ma in realtà scelti dai partiti al potere in laguna o nella capitale o vogliamo assumerci la responsabilità e il peso dell’autogoverno? Vogliamo continuare a fingere di essere una comunità urbana di pianura o desideriamo prendere atto che siamo comunità alpine e con la necessità di esercitare direttamente il potere legislativo al fine di affrontare i particolari problemi che il mondo obliquo e verticale che abitiamo ci impone? Non possiamo più rinviare questa scelta.
I territori montani confinanti, questo potere lo esercitano (bene o male è un altro discorso). Per la promozione turistica il bellunese investiva (tra pubblico e privati) circa due milioni di euro l’anno, Trento ne investe 800 e Bolzano 700. Le imprese trentine o sud tirolesi hanno finanziamenti a fondo perduto fino a un terzo dell’investimento, quelle bellunesi no. Come reggere questa concorrenza? Finora i trasferimenti pubblici hanno permesso di sostenere, con grandi difficoltà, il confronto. Ora non più. Le comunità soffrono, perdono 1.000 di residenti l’anno mentre i nostri vicini crescono, consolidando le comunità, consentendo loro di continuare a vivere in montagna.
Finora, grazie al lavoro e all’impegno dei bellunesi, siamo riusciti ad ottenere un reddito procapite uguale a quello trentino e di poco inferiore a quello sud tirolese, ma da tre anni, loro accrescono e noi riduciamo la nostra ricchezza. Non possiamo più rinunciare a consolidare le comunità della montagna bellunese. Per farlo abbiamo bisogno di autonomia, di potere, dobbiamo avere il coraggio di proporre una legge costituzionale per aggregare la nostra provincia a quelle di Trento e Bolzano entro la regione Dolomiti. Dobbiamo provarci ora, subito, approfittando di questa confusa fase di ristrutturazione delle amministrazioni pubbliche. Non avremo un’altra opportunità perché il potere politico si conquista, non si chiede e non si ottiene in regalo.
Bisogna assumere la consapevolezza che le pubbliche amministrazioni potranno in futuro, erogare solo servizi essenziali perché anch’esse subiscono le regole (o la mancanza di regole) della concorrenza internazionale. L’unica salvezza sta nella capacità di praticare la virtù del buon autogoverno locale. Questa virtù esiste, ma ora, senza trasferimenti, con un federalismo fiscale sgangherato e nato morto, con una classe politica nazionale impegnata a difendere i propri privilegi, con una ricchezza privata che non cresce, siamo rimasti senza alcuna protezione.
Sembra che i parlamentari bellunesi siano stati tutti colpiti da sordomutismo. Sanno che la provincia sarà eliminata. Tacciono. Ma non sono pagati per tacere ma per difendere i diritti dei cittadini. Se i parlamentari bellunesi non sanno tutelare gli interessi del territorio montano è meglio che si trasferiscano a Rovigo.
Possiamo ottenere questo risultato se restiamo quel che siamo: comunità alpine. Montanari, seri, dignitosi orgogliosi e dotati di fiducia nelle proprie capacità. Altrimenti diventeremo trevisani di montagna utili solo a tenere in ordine il giardino nel quale il padrone trascorre i fine settimana in allegria, cantando, malamente, “quel mazzolin di fiori”. Che metterà sulla nostra tomba. Intascando un’eredità che non merita e della quale neppure conosce il valore.
Diego Cason