di Diego Cason
BELLUNO. L’aggiornamento dei dati sulla situazione demografica, sociale ed economica della Provincia di Belluno contiene luci e ombre. Continua a incidere un saldo naturale (la differenza tra i nati vivi e i morti annuali) negativo, che nel 2011 è stato di -789 residenti totali.
Il saldo negativo è ancora più rilevante se nel conto escludiamo gli immigrati e i loro figli, in questo caso il saldo sarebbe di – 1.155. La differenza tra gli iscritti e i cancellati nei registri delle anagrafi comunali è definita saldo migratorio, interno se riguarda gli italiani, esterno se riguarda gli stranieri. Questa differenza è stata, nel 2011, di 366 unità che non riescono a colmare la riduzione di residenti.
La somma dei due saldi (naturale e migratorio) è definita tasso di crescita, nel nostro caso è un tasso di decrescita poiché, unica provincia nel nord est, il nostro è un dato negativo (-0,7), per il terzo anno consecutivo dal 2009. Le altre provincie del nord che hanno un tasso di crescita negativo sono Genova e Biella e, tra le province italiane, Belluno figura in classifica al numero 105, tra Caltanissetta e Matera.
Tasso di crescita negativo. Una comunità che decresce non manifesta una sofferenza solo demografica ma anche economica e sociale. Siamo l’unica provincia con un tasso di crescita negativo sia in Veneto, dove il tasso di crescita è di 5,5, sia in relazione alle provincie montane confinanti dove Trento ha un tasso di crescita di 9,7 e Bolzano di 9,1. Questo è strettamente correlato con il fatto che siamo l’unica provincia montana priva di strumenti di autogoverno in grado di produrre politiche attive a favore della residenza in quota. Infatti la decrescita non colpisce allo stesso modo tutti i territori provinciali e nemmeno l’abbandono, dovuto a migrazione interna, è omogeneo. I comuni posti a quote più elevate, escludendo i centri di produzione del valore aggiunto turistico (Cortina, Livinallongo, Falcade, Alleghe, Zoldo Alto, Auronzo e Sappada) e quelli marginali (come Ospitale, Perarolo, Sovramonte, Cibiana), perdono residenti in modo più consistente e più rapido. Se ci riferiamo ai distretti, per non entrare nel dettaglio comunale, quello che perde percentualmente più residenti, è l’Agordino, seguito dal Cadore, dal Bellunese e dal Feltrino. L’Agordino in dieci anni ha perduto il 4,7% dei residenti e questo calo, senza l’immissione d’immigrati, sarebbe stato del 6,4%, il territorio perde in media 100 residenti ogni anno, che senza immigrati sarebbero 169. I comuni che subiscono lo spopolamento più consistente sono Gosaldo (-17,2%) e San Tomaso Agordino che segna un calo del 15,4%. L’unico comune che segna una crescita è Taibon(+1,4%).
Il Cadore, in dieci anni, ha perduto il 2,4% dei residenti e questo calo, senza l’immissione d’immigrati, sarebbe stato del 4,2%, il territorio perde in media 93 residenti ogni anno che, senza immigrati, sarebbero 196. I comuni che subiscono lo spopolamento più consistente sono Santo Stefano (-8,2%) e Cibiana, che segna un calo del 9%, il comune con la crescita più consistente è San Vito (+ 6,8%). In crescita più modesta anche Perarolo, Pieve, Valle e Vodo.
Il Bellunese in dieci anni ha aumentato del 3,1% i residenti ma, senza l’immissione d’immigrati, ci sarebbe stato un calo del 1,8%, il territorio ha acquisito in media 215 residenti ogni anno ma, senza immigrati, ci sarebbe stato un calo di 150 unità. I comuni che subiscono lo spopolamento più consistente sono Zoldo Alto (-13,6%) Forno di Zoldo (-12,4%) e Ospitale di Cadore, che segna un calo del 10,2%, il comune che segna la crescita più consistente è Limana (+12,2%). In crescita anche Ponte nelle Alpi, Puos d’Alpago e Belluno.
Il Feltrino in dieci anni ha guadagnato il 4,6% dei residenti ma, senza l’immissione d’immigrati, ci sarebbe stato in calo dello 0,7%, il territorio acquista in media 371 residenti ogni anno ma, senza immigrati, la perdita subita sarebbe stata di -74 residenti. I comuni che subiscono lo spopolamento più consistente sono Arsiè (-10,2%), Lamon (-8,9%) e Sovramonte (-9%), i comuni che segnano la crescita più consistente sono Sedico (+15,2%), Quero (+11,7%) e Alano (+11,1%).
La lettura di questi dati evidenzia due fatti. Il primo è la chiara incidenza del flusso migratorio interno ed esterno che consolida la popolazione dei comuni Bellunesi, in particolare quelli di fondovalle a elevata concentrazione di attività produttive (Sedico, Ponte nelle Alpi, Limana) o confinanti con la pianura Veneta (Farra d’Alpago, Quero, Alano).
La montagna si svuota. Il secondo fatto rilevante è che si sta svuotando la montagna bellunese, che occupa i due terzi del territorio provinciale, perché i comuni in quota perdono molti più residenti della media provinciale e di distretto (tutto lo Zoldano, Gosaldo, Sovramonte, ecc). In montagna, inoltre, si registra una perdita di residenti anche nei capoluoghi dei distretti come Agordo, Pieve di Cadore, Auronzo e Cortina. Questo fatto illustra con chiarezza che la residenza in montagna si sta orientando a svolgere una funzione sussidiaria (ancillare) a dinamiche di sviluppo non più centrate sui distretti montani. Si assiste a una migrazione e addensamento di popolazione intorno ai poli che producono il valore aggiunto che sono, sempre più, estranei alla logica della distribuzione residenziale in montagna che diventa paesaggio e scenario ma non determina più residenze in funzione dell’utilizzo delle risorse territoriali. Quello che accade è un lento smottamento di residenti e poteri verso i fondovalle e la val Belluna. Se questo fenomeno non sarà contrastato con chiarezza di visione strategica e con risorse adeguate, il destino della montagna bellunese è segnato. E questo destino, esprimendolo in parole semplici, consiste nel totale e irrimediabile asservimento dei territori montani ai bisogni della pianura veneta e della val Belluna.
(sul Corriere delle Alpi del 2 marzo 2012)