di Tomaso Pettazzi
La nostra Provincia è stata terra di emigranti per secoli e si calcola che il numero dei nostri oriundi sia notevolmente superiore a quello dell’attuale popolazione provinciale. Se tuttora persiste una emigrazione “intellettuale”, da anni è in atto una immigrazione al contrario, come nel resto del nord Italia, sia da regioni italiane che da stati esteri, anche extracomunitari, che vede un notevole cambiamento nella composizione numerica, sociale, etnologica delle nostre Comunità.
Ciò comporta un continuo confronto di idee, abitudini, usi e costumi che, se talora può essere conflittuale, è certamente utile per l’apertura della nostra coscienza e conoscenza verso un mondo che si sta globalizzando. Assistiamo anche da parte di questi nuovi arrivati ad una assuefazione, più veloce di quanto auspicassimo, delle nostre abitudini mentali e quotidiane. Anche da parte di persone che sbrigativamente avevamo catalogato come provenienti da civiltà da noi distanti, se non antagoniste.
Gli stranieri che vivono stabilmente nel nostro territorio ci assomigliano sempre di più anche nella mentalità che definisco montanara. Frequentano le nostre valli non solo per lavoro, prendono qui la residenza e possibilmente acquistano casa, formano una famiglia, partecipano alla vita culturale, associativa, volontaristica. Stiamo cioè assistendo alla acquisizione nei nuovi arrivati di ciò che nei secoli passati ha contribuito alla formazione della nostra Comunità. Essi quindi riconoscono la peculiarità del nostro territorio, non solo vi si adattano ma ne apprezzano gli aspetti più tipici.
A questi “nuovi Bellunesi” deve essere riconosciuta la buona volontà di contribuire alla crescita della nostra terra; essi possono divenire interlocutori preziosi di chi crede nell’Autonomia, perché fin dall’inizio della loro avventura presso di noi hanno dovuto combattere duramente per la sopravvivenza ed il raggiungimento di un tenore di vita decoroso. Come siamo vicini ai Trentini ed ai Tirolesi nella loro battaglia per il mantenimento dell’Autonomia, allo stesso modo difendiamo questi nuovi Bellunesi nel loro cammino verso l’eguaglianza economica e politica. Ne trarrà giovamento pure la nostra causa.
Vi è poi un ulteriore tipo di nuovi Bellunesi: i nostri figli. Perché anch’essi differiscono notevolmente dai meno giovani nel modo di vivere il territorio, di riconoscerne le tradizioni e le abitudini. Sono la generazione 2.0, figli di internet, facebook, twitter, a loro modo sono cittadini del mondo, nel senso che non conoscono il significato della frontiera (almeno europea), che attraversano da sempre liberamente. Sono anche molto preparati nelle nuove tecnologie e nelle scienze; molti di essi sono stati cooptati in imprese avanzate del territorio, quali Sinteco, Patreider, DBA Progetti, ecc.
Ma in un mondo così ampliato la nostra “piccola patria”, detto in senso affettuoso, rischia di essere relegata a mero luogo di residenza, con la paventata perdita della propria anima storica, l’ “Heimat” tedesca che invece troviamo fortemente radicata in Alto Adige/Südtirol.
Il nostro Movimento deve quindi approfondire lo studio del nostro passato e saperlo trasmettere ad una società sempre più dinamica e ricettiva delle influenze esterne, ma che nel contempo tende a dimenticare la propria storia. Anche gli altri Bellunesi, nostri figli sparsi nel mondo, considerati a ragione talenti affermatisi nelle società in cui operano, devono essere cooptati in questa iniziativa di salvaguardia e valorizzazione del nostro territorio.