Negli ultimi vent’anni il turismo bellunese ha perduto smalto, quote di mercato e diverse opportunità. Per vari motivi. Sono aumentati i turisti di 48 mila unità (+6%), ma sono diminuite le giornate di presenza di 2,9 milioni, (-42%). Le Dolomiti hanno perduto meno presenze della Valbelluna, gli alberghi (-19%) ne hanno perse meno degli esercizi complementari (-53%), le presenze italiane dimezzano (-53%) quelle straniere raddoppiano (+93%).
Negli ultimi dieci anni, le Dolomiti incrementano del 53% le presenze straniere, mentre la Valbelluna ne perde il 23%. I flussi turistici si sono ridistribuiti, riducendo il peso di Cortina Valboite, di Belluno e Feltre, a favore dei comprensori del Civetta, Trevalli, Terre dell’Orso e Sappada. Il turismo è cambiato in modo radicale. Nel 1994 il 9,4% dei turisti che visitarono il Veneto scelse una località montana, nel 2013 questa percentuale è stata del 6%. Allo stesso modo le presenze sono diminuite dal 16% al 7,4% del totale.
Le mete annuali si sono moltiplicate e divenute più accessibili, i tempi delle vacanze si sono ristretti e il turista è diventato più esigente. Le reti informatiche permettono di confrontare offerte, qualità e prezzi con rapidità e scegliere all’ultimo minuto. Il turista continua a cercare dei “luoghi” da visitare ma emerge un turismo sempre più orientato da motivazioni e interessi personali: praticare il ciclismo, sci alpino, l’arrampicata, ecc. Le offerte devono adattarsi al differenziarsi dei desideri e dei bisogni emergenti del turismo internazionale. I prodotti statici, (alloggio, vitto, paesaggio e fruizione estetica…) non reggono la molteplice concorrenza. I prodotti specializzati su attività (sport, wellness, escursionismo, eventi…) o su tipi di domande (famiglie, giovani, anziani, gruppi) resistono meglio. Per sintetizzare, non basta più un paesaggio gradevole per fare turismo, bisogna arricchire l’offerta, anticipando i bisogni dei clienti in modo da soddisfare le nuove richieste. Per ogni cliente serve la giusta esca. Per capire come vendere i giusti prodotti ai potenziali clienti, servono, però, ricerche di mercato costanti, accurate e dinamiche. Che da anni non si fanno. Le imprese faticano a reggere il peso della concorrenza sempre più aggressiva. Ma il declino non è inevitabile. Lo dimostrano i nostri vicini di casa (Trento e Bolzano) che sono riusciti a incrementare arrivi e presenze con un prodotto simile al nostro. Inoltre, anche da noi sono emersi aspetti positivi. É cresciuta la capacità di intercettare la domanda straniera; è aumentata la qualità della ristorazione; i comprensori sciistici hanno migliorato impianti e piste, e gli alberghi offrono più servizi. Il turismo in Dolomiti (e, con meno pretese, anche in Valbelluna), offre ancora occasioni per produrre reddito a imprenditori dinamici e motivati. Ma gli investimenti devono essere sostenuti dall’intera comunità, altrimenti nemmeno il migliore tra gli imprenditori potrà avere successo.
Cosa ci serve? Un marchio Dolomiti unico per tutte le provincie (TN, BZ e BL). Non si fa concorrenza internazionale con marchi e prodotti deboli. Realizzare una centrale unica d’informazione e promozione delle Dolomiti, dotata di adeguate risorse (che il bellunese da solo non avrà mai). Realizzare una centrale unica di prenotazione, eliminando portali inutili, risparmiando il 20% di commissioni chieste da booking.com e simili. Promuovere le Dolomiti è lavoro difficile, che va orientato sul prodotto montagna, i modelli veneti sono inadeguati e controproducenti anche se l’integrazione con l’offerta veneta è utile. Serve un unico soggetto che curi nel dettaglio la statistica dei flussi in tempo reale, e che la pubblichi subito, e non dopo mesi. Serve un unico soggetto che curi le ricerche di mercato, anche di settore, fornendole agli operatori con rapidità. Serve diffondere della cultura dell’ospitalità, che deve diventare costume delle comunità accoglienti. Si deve curare la formazione continua degli operatori turistici, per migliorarne le competenze professionali. Sarà utile semplificare le strutture pubbliche a sostegno delle attività turistiche riducendo la burocrazia, con una netta separazione tra attività privata e pubblica.
Dovremmo incoraggiare e sostenere le imprese agricole in area dolomitica. Sarà utile adottare una moratoria ventennale per le concessioni edilizie ai non residenti. Serve una linea di credito dedicata agli investimenti per ristrutturazioni, adeguamenti e migliorie degli alberghi e l’esenzione fiscale per gli utili reinvestiti. Bisogna ricondurre a produzione gli immobili turistici privati inutilizzati (con formule tipo albergo diffuso), inasprire IMU e Tasi in caso d’uso esclusivo. Bisognerà garantire un accesso diretto ai finanziamenti europei strategici per il turismo dolomitico, superando divisioni amministrative penalizzanti. Infine serve convincersi che lo sviluppo turistico delle Dolomiti bellunesi è condizione necessaria per il benessere dell’intera comunità provinciale e non un iniquo privilegio a esclusivo vantaggio di qualcuno.
Diego Cason