La pandemia si spera stia finendo ed è ora che torniamo ad occuparci, dopo la pausa forzata di questi lunghi mesi, delle scelte politiche che riguardano la nostra Provincia. Riprendiamo per tanto a seguire insieme le decisioni che riguardano la nostra Autonomia e il nostro vivere in montagna.
Come avete visto dalla stampa, cambiato il ministro agli Affari Regionali cambia anche il presidente del Comitato che si occupa di gestire le risorse del Fondo Comuni di Confine. La ministra Maria Stella Gelmini ha nominato il deputato Dario Bond, come prima Francesco Boccia aveva indicato Roger de Menech e nel 2018 Erika Stefani aveva prescelto Paolo Saviane.
Questo valzer di sostituzioni ci da l’idea non solo dell’importanza di questo ruolo e delle pressioni che i partiti esercitano per averlo, ma anche del problema politico che ancora pone la “questione bellunese”, nonostante la normalizzazione imposta con la legge Delrio che ha cancellato ogni minima traccia della nostra autonomia provinciale.
Il presidente del Comitato Fondi Comuni di Confine è infatti ancora una volta un bellunese nonostante che di queste provvidenze (80 milioni di euro ogni anno) beneficino tutti i comuni che confinano con le provincie autonome di Trento e Bolzano. Ma questa sappiamo è la foglia fico sotto cui si nasconde il problema politico dell’autonomia della Provincia alpina di Belluno, interamente montana, confinante con stato esterno ed abitata da una consistente minoranza linguistica ladina, come si direbbe in linguaggio burocratico.
Per alcuni anni sono stato consigliere comunale a Idro, il paese di mia moglie, appartenente alla Provincia di Brescia e confinante con il Trentino. Anche a Idro arrivano i soldi del Fondo Comuni di Confine, molti per il bilancio di un piccolo comune, ma nessuno ha mai fatto un referendum per passare da una regione all’altra o ha mai parlato di autonomia delle aree alpine. Nessuno ha in sostanza, la più pallida idea di perché arrivano questi denari. Molto diverse e profonde sono invece le ragioni che hanno portato, nella nostra Provincia, alla stagione dei referendum di confine e molto più diffusa è la consapevolezza di quanto l’autonomia sia indispensabile per salvare le nostre comunità dall’inesorabile spopolamento e dall’abbandono della montagna.
Proviamo così a proporre, al nuovo presidente del Comitato Fondi di Confine, di lasciar cadere la foglia di fico dei comuni confinanti e destinare tutte queste risorse alla sola Provincia di Belluno, dove è nato e continua a porsi il problema dell’autonomia delle aree alpine. Nel dicembre del 2019, quando siamo stati a Roma per incontrare l’allora ministro degli Affari Regionali, abbiamo ricordato a Francesco Boccia che la Provincia di Belluno era un Governatorato del suo ministero e dunque lui era direttamente responsabile di quanto accadeva nella nostra terra. Di fronte al suo sconcerto gli abbiamo fatto notare che con la nomina politica del presidente del Fondo Comuni di Confine, non a caso sempre un parlamentare, il ministero degli Affari Regionali controlla di fatto la maggior fonte di finanziamento degli enti locali della nostra Provincia.
Se siamo dunque un Governatorato, senza nessuna autonomia e soggetto alle nomine politiche di un ministro, che almeno le risorse restino nella nostra Provincia, per cercare di rimediare in qualche modo ai disastri di una sciagurata stagione di tagli e accentramento indiscriminato. Cambiamo anche il nome della nostra Provincia in “Governatorato del Ministero degli Affari Regionali per l’ex Provincia di Belluno”, questo almeno rispecchia la verità.
Sani.
Il Presidente del Movimento B.A.R.D.
Andrea Bona