«Intanto va ripristinata la Provincia elettiva. Poi forme di cooperazione con il Trentino»
Dopo anni di mobilitazioni locali (compresi i numerosi referendum «via dal Veneto») e di contatti con la politica trentina e bolzanina, arriva un’iniziativa parlamentare sulla questione bellunese e sull’autogoverno in area montana. Ieri, infatti, il senatore Franco Panizza (gruppo per le autonomie) ha depositato un disegno di legge che ha l’obiettivo di ripristinare l’elezione diretta dei presidente e dei consigli delle Province interamente montane. «Si vuole dare – spiega l’esponente del Patt – una prima risposta alle richieste più che giustificate provenienti dalla vicina provincia, che da un anno e mezzo deve fare i conti con il commissariamento e la sospensione delle elezioni (prevista dalla riforma del 2011). La legge, che sarà sottoscritta da altri colleghi e mi auguro arrivi rapidamente al voto, vuole intanto restituire al Bellunese una rappresentanza democratica unitaria. Rispetto a quanto previsto due anni fa per le altre Province ordinarie, si introduce un’eccezione, coerentemente peraltro con le decisioni cui era giunto lo stesso governo Monti, quando escluse dal riordino i due soli territori interamente montani, Belluno e Sondrio, assicurandone l’integrità».
Il testo sarà poi presentato anche alla Camera, per iniziativa del deputato autonomista Mauro Ottobre, che dovrebbe chiedere a Lorenzo Dellai (Scelta civica) di aggiungere la sua firma.
Il paradosso, nella vicina terra dolomitica, cui si interessa da vicino anche il senatore bolzanino Francesco Palermo, è una drammatica desertificazione istituzionale imposta dall’esterno proprio negli anni in cui le medesime valli alpine esprimono una crescente esigenza di autonomia amministrativa e legislativa. L’idea di fondo che si coglie nel Bellunese, sia pure in un confronto dialettico con sfumature diverse, è che questa zona di montagna ha bisogno di strumenti di governo e di politiche specifiche: non si può omologare al resto della regione, quasi tutta di pianura e di mare. Un bisogno che diventa grido di disperazione di fronte all’avanzare inesorabile dei processi negativi legati alla crisi economica, con rischi pesanti di tenuta sociale, disoccupazione, spopolamento delle terre alte, esposizione dei territori a varie forme di colonizzazione speculativa, nuove migrazioni.
Una speranza, finora solo teorica in attesa delle leggi attuative, è giunta un anno e mezzo fa, dopo lunghe pressioni operate dagli unici tre consiglieri dolomitici presenti nel’assemblea legislativa regionale: nel nuovo statuto del Veneto si riconoscono a Belluno la specificità e una forma di autonomia. Viene così stabilità la cessione di competenze (amministrative, regolamentari e finanziarie) in una serie di materie: politiche transfrontaliere (confine con l’Austria), minoranze linguistiche (ladine e germanofone), governo del territorio, risorse idriche, energia, viabilità e trasporti, attività economiche, agricoltura e turismo. Tutto, però, resta sulla carta e anche la legge regionale sul turismo, varata un paio di settimane fa, richiama l’autonomia bellunese solo in virtù di un emendamento accolto in extremis.
Secondo molti osservatori, la «melina» veneziana rende illusorie le aspettative che davvero si possa arrivare in tempi ragionevoli all’attuazione concreta dell’autogoverno. Il movimento Bard (Belluno autonoma Regione Dolomiti), per esempio, si interroga su un percorso alternativo e propugna, in prospettiva, una soluzione che guarda al Trentino Alto Adige. Peraltro, come spiega il presidente Moreno Broccon, in questa fase la priorità, «una vera emergenza», è assicurare al territorio una rappresentanza e un governo democraticamente eletti. «Perciò, se la situazione non si sbloccherà, in autunno organizzeremo elezioni autogestite per scegliere i membri del nascente Consiglio delle comunità autonome bellunesi: un atto politico per far sentire meglio la nostra voce unitaria». Ma l’auspicio è che le prossime settimane portino invece buone nuove, a cominciare dalla chiamata alle urne provinciali, quelle vere.
«Con gli amici del Bard – spiega Panizza – siamo in stretto contatto e sosteniamo una battaglia autonomistica che coinvolge larga parte della popolazione. Tuttavia, non condividiamo, per ragioni storiche e di assetto costituzionale, la loro ipotesi che Belluno possa diventare la terza Provincia del Trentino Alto Adige. Piuttosto, bisogna fare in modo che possano costruire una loro architettura autonoma, cominciando sùbito dal ripristino della Provincia elettiva. Dopo di che potremo progettare insieme forme di cooperazione in diversi settori, dal turismo ai trasporti, dalla sanità all’agricoltura. Stiamo parlando di vallate e di popolazioni che condividono i nostri stessi modi di vita e molte tradizioni, basti pensare agli usi civici o al plurisecolare sistema regoliero per gestire e salvaguardare il territorio montano. Oggi il quadro economico e istituzionale per loro è davvero drammatico: la comunità è matura e motivata per l’autonomia ma anziché trovare riscontri viene mortificata da eventi che la indeboliscono ulteriormente, come il prolungato commissariamento della Provincia».