«Il riconteggio dei voti che ha portato all’estromissione di Luca De Carlo dalla Camera dei Deputati è l’ennesima presa in giro per la montagna, per i bellunesi e per tutti gli italiani. La nostra solidarietà, ancora una volta, all’onorevole cadorino per questa ennesima beffa subita»
Reagiamo con stupore e amarezza al “ribaltone” che ha portato De Carlo a perdere il posto alla Camera.
Indipendentemente dalle posizioni politiche, non si può fare altro che rimanere scioccati dai tempi di questa decisione. Ci sono voluti due anni e mezzo per impedire a un deputato di continuare a fare il suo lavoro fino a fine legislatura, mentre per gli stessi due anni e mezzo si è impedito a un’altra persona di occupare quello che pare fosse il suo legittimo scranno.
È democrazia questa? È l’immagine di un paese affidabile?
Anche noi avevamo subito un ridicolo tira e molla in occasione delle regionali 2015, quando per 15 giorni avevamo ottenuto in consiglio un seggio che poi ha cambiato nome e partito altre due volte, e per questo avevamo dato subito dopo la sua prima “rimozione” il nostro sostegno morale a De Carlo, e non possiamo che rinnovarglielo ora dopo questa tardiva beffa.
I bellunesi perdono un rappresentante molto attivo in Parlamento e questa è una sconfitta per tutto il territorio. L’Italia si conferma il paese dei ricorsi e contro-ricorsi, delle lungaggini e della burocrazia, che non può dimostrarsi affidabile sul palcoscenico internazionale; un paese che fa leggi elettorali talmente contorte da dover arrivare a metà legislatura per capire se chi siede in Parlamento ne aveva realmente diritto. La situazione potrebbe anche peggiorare con la riforma del taglio dei parlamentari, che penalizzerebbe la provincia di Belluno: avere sei parlamentari – ora cinque – è stato un caso fortuito, ma con la riduzione dei seggi e la revisione dei collegi non avremo più rappresentanti. Anche per questo chiediamo democrazia e rappresentanza diretta: per qualcuno sono solo capricci, e questi sono gli stessi che sostengono un sistema che impiega quasi due anni e mezzo per fare (presunta) giustizia».