Belluno come Bolzano, provincia autonoma in una regione autonoma: questa la condizione che il movimento Belluno Autonoma Regione Dolomiti pone per sostenere il referendum autonomista veneto.
«Appoggiamo ogni richiesta di autonomia, ma il referendum del 22 ottobre deve assicurare garanzie anche per il Bellunese. In una battaglia così importante, non è possibile che a Belluno non vengano riconosciute specifiche forme di autonomia», commentano dal consiglio federale del movimento.
La rincorsa verso un simile obbiettivo non può oerò essere fatta in solitaria, così dal Bard arriva l’appello alle forze sociali ed economiche bellunesi: «Chiediamo tutti insieme al Presidente Zaia, al quale va comunque riconosciuto il coraggio di aver indetto la consultazione in questo clima di “ostilità” verso le autonomie locali, di garantire fin d’ora autonomia, competenze e risorse al nostro territorio, in caso di vittoria alle urne; questa non è una battaglia partitica, qui si gioca il nostro destino e il ruolo del Bellunese in un Veneto che dalla vittoria uscirebbe completamente rinnovato».
Non mancano poi le critiche all’ex segretario regionale del Partito Democratico, Roger De Menech: «Lui attacca la Regione Veneto accusandola di non riconoscere le differenze del territorio, ma il suo governo in questi anni ha praticamente azzerato i trasferimenti alle Province, costringendole addirittura a ricorrere alla giustizia per veder garantito il loro diritto ad avere almeno i fondi necessari per la gestione ordinaria. Inoltre, porta anche la sua firma l’accordo, siglato a Roma il 14 aprile 2015 e non ancora onorato, che prevede il ritorno alla elettività per la Provincia di Belluno».
«Prima di chiedere la “doppia scheda” per l’autonomia bellunese, – concludono dal Bard – bisognerebbe rispettare gli accordi e gli enti locali. I bellunesi hanno già indicato la loro voglia di autonomia, bocciando il referendum del 4 dicembre che avrebbe cancellato le province e annullato ogni possibile, giustificata e necessaria rivendicazione autonomista. De Menech e il Partito Democratico pensino piuttosto ad abrogare la legge Delrio, una legge temporanea, ma ancora in vigore nonostante il fallimento della riforma costituzionale, e a ripristinare i trasferimenti statali in modo da garantire i servizi. Se vogliono riempire di fatti la specificità delle “aree montane”, permettano alle tre province interamente montane di trattenersi almeno il 70% del gettito fiscale, altrimenti continueremo a parlare di una scatola bella, ma vuota».