Eccoci qui.
Speravamo di gioire qui per il raggiungimento del nostro quarto obiettivo impossibile. Invece la suprema Corte di Cassazione ha giudicato illegittima la nostra richiesta di referendum. Noi non possiamo che accogliere la sentenza e rispettarla, anche se non condividerla appieno. Sul serio, la rispettiamo. Essa ci indica comunque la via maestra e scambia i tempi dei due adempimenti. Avevamo ben chiaro che ci sarebbe voluta una legge costituzionale. Noi ritenevamo, come le stesso Consiglio provinciale, e sentiti i rispettivi avvocati costituzionalisti, che la strada fosse possibile e praticabile, seppur difficile. Del resto lo stesso articolato della Costituzione italiana recita in particolare:
- Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
- Art. 5 La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.
- Art. 132 …… Si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un’altra.
Tutto vero, purché non si tocchi l’art. 116 della Costituzione che riconosce la particolare autonomia di Trento e Bolzano. Ma la Costituzione, la stessa Corte di Cassazione lo riconosce, non è immodificabile. Lo stesso referendum dei comuni bellunesi mette in discussione i confini delle province di Trento e Bolzano, oltre che della regione stessa, e quindi i rispettivi Statuti ed accordi internazionali.
I principi costituzionali vengono spesso disattesi; basti pensare che le province di Trento e Bolzano, hanno recentemente, con un colpo di mano istituzionale, ottenuto rispettivamente 1200 e 750 milioni di Euro, (pari a trent’anni di bilancio dell’ente provincia di Belluno) e la competenza gestionale sull’ex parco nazionale dello Stelvio in cambio di tre voti in Parlamento. Nel frattempo la Provincia di Belluno vede ridotto il proprio bilancio, già a dieta, di altri 10 milioni di euro, taglio che è uno fra i più consistenti nelle 103 province italiane. La cosa che ci dà grande soddisfazione è sapere che così si toglie ai poveri per dare ai ricchi, i quali una volta incassate le cifre milionarie sono ben disponibili ad investirne 40 a testa nei comuni di confine bellunesi. E fanno anche la figura dei vicini generosi e magnanimi. Del resto ognuno sa che tra carnefice e vittima ben ci s’intende.
La Corte di Cassazione, invece, ritiene che un referendum popolare, con il quale si manifesta una piccola parte del potere nelle democrazie, regolato entro le istituzioni, debba avere poi un percorso praticabile entro le istituzioni a legislazione vigente, per dare attuazione alle aspettative dei cittadini. Come dare torto alla Suprema Corte? Ha le sue ragioni, ma così facendo ci toglie anche l’opportunità di esprimere una volontà popolare.
Spetta al Parlamento, com’è sarebbe giusto che sia, togliere questo ostacolo all’attuazione dell’art.132 della Costituzione. Spetta al Parlamento perché è stato il Parlamento a combinare questo pasticcio tra articoli 116 e 132 che, di fatto e di diritto, e certo non per responsabilità della Corte di Cassazione, bloccano l’esercizio di un potere preminente com’è quello di esprimere con il voto i bisogni e le aspettative dei bellunesi. La Corte inverte l’ordine dei fattori ma il nodo è sempre lo stesso. Prima o dopo la questione della iniquità e della subalternità dei popoli della montagna non autonoma dovrà essere affrontato da una classe politica che pensa a tutt’altro, poiché non è scelta dal popolo elettore ma dalle segreterie di partiti che ne piegano il volere ad altri interessi.
Bando alle polemiche, come suggerito dalla Corte di Cassazione stessa, ora l’iniziativa è nelle mani dei partiti e dei parlamentari bellunesi e veneti. Se vogliono ci sono già due bozze (Vaccari e Bressa) di legge costituzionale che pongono, in modo diverso, la questione dell’autonomia bellunese. Ebbene, a questo punto proponiamo:
-
Siamo disposti a sederci intorno ad un tavolo con le forze politiche, per discutere e definire una proposta di legge costituzionale unica ed adeguata per un Autonomia vera, nella quale si trasferiscano potestà legislativa e autonomia finanziaria alla Provincia di Belluno. La si proponga alle segreterie dei partiti nazionali e la si approvi in tempi congrui. Ma non si spacci per legge dell’autonomia il semplice trasferimento di competenze su alcune materie dell’amministrazione pubblica. Questo può essere fatto in trenta giorni in Consiglio Regionale Veneto, che ne ha già tutte le competenze con l’attuale Statuto regionale, e può cedere alle Provincie tutte quelle che vuole, ma non basta. La palla è adesso alla politica locale e nazionale. Questo è il significato della sentenza della Suprema Corte. I Consiglieri e il Presidente del Consiglio con il Presidente della Provincia hanno dato dimostrazione di coerenza e di unità d’intenti sul referendum. S’imponga questo modello al processo di approvazione della legge costituzionale per la definizione della Provincia autonoma di Belluno. Se si sfugge a questo dovere, chiaramente indicato dalla Corte di Cassazione si tradiscono le indicazioni altrettanto chiare di diciotto mila cittadini elettori bellunesi. Non si dica che è impossibile. In politica tutto è possibile, soprattutto se si seguono le leggi e le indicazioni inequivocabili della Suprema Corte, unico autentico interprete della legge.
-
Si faccia comunque un referendum consultivo provinciale per dare formalmente atto della volontà autonomista dell’intera popolazione bellunese, così come previsto dallo statuto della Provincia, collegandolo alla prima scadenza elettorale. Chi teme il costo della consultazione ricordi il contributo dello Stato al film “Barbarossa”, (epico ed inutile movie), di un milione e seicento mila euro, buttati via. Si ricordino i 1200 +750 milioni regalati al Trentino per tre voti. I bellunesi hanno espressi diciotto mila voti. Considerati meno di niente, ma non dev’essere così per voi rappresentanti politici eletti.
Vien da pensare se la Suprema Corte non ha nulla da dire su questo immondo mercato che avviene in totale spregio del secondo comma dell’art. 48 della Costituzione, ove si afferma, tra squilli di trombe, che “ Il voto è personale ed eguale, libero e segreto”. Come la mettiamo se sul mercato dei voti ce ne sono alcuni che si comprano per 233 mila euro ed altri che valgono nemmeno una lira fuori corso?
Sappiamo che la legge va rispettata anche quando non è giusta, sappiamo che la giustizia è una cosa e la legge un’altra, sappiamo altresì che, nell’imperfezione delle umane cose, la legge, nonostante tutto, è quel che più s’avvicina all’idea di giustizia. Ma, che ora ci vengano a dire cose che già sapevamo prima dell’iniziativa referendaria, ampiamente previste e dichiarate fin dalle prime iniziative pubbliche, serve solo a sfuggire all’unico sostanziale fatto che la sentenza mette in chiara evidenza. La politica e i politici si occupino dei problemi dei cittadini, migliorino le leggi, e pratichino la giustizia. Non si pretende che siano giusti, ma che agiscano come se lo fossero. Poiché la giustizia sta nello sforzo quotidiano per raggiungerla, pur sapendo che è irraggiungibile.
Il cinismo che ora emerge trionfante, nelle parole di chi dice “ve l’avevamo detto che era impossibile” (ma non gli avvocati costituzionalisti interpellati anche dall’ente Provincia) è solo la manifestazione della rinuncia alla speranza, della resa di coloro che, comunque, hanno messo in salvo i loro interessi personali e non gliene importa nulla se i cittadini bellunesi sono senza prospettive di lavoro, vendono terre e boschi ad un euro a metro quadrato, vendono le loro case a chi le abita 15 giorni l’anno, sono sopraffatti da una concorrenza spietata e sleale, in ambito turistico ed agricolo, di vicini strepitosamente privilegiati. Bene, crogiolatevi pure nel caldo del cinismo di una politica senza futuro, senza progetti, senza aspirazioni, senza passione e priva d’ogni pudore.
Ciò che importa al comitato sono le comunità bellunesi e il loro destino futuro ed è per loro che l’iniziativa continua con i 2 punti proposti e, nonostante tutto, riafferma ancora una volta la propria fiducia nei bellunesi, nei loro rappresentanti politici locali, regionali e nazionali attuali e futuri. Propone loro, senza pregiudizi, di unire le forze e le intelligenze per dare una possibilità di emancipazione e di autodeterminazione alle comunità delle Dolomiti. Oggi a questa responsabilità non si può sfuggire e si deve fare tutto ciò che è necessario, trascurando differenze ideologiche, politiche e divisioni personali, per porsi al servizio delle comunità di cui siamo parte viva, per assicurare loro un futuro.
Se non ci saranno queste azioni concrete ed unitarie a cui noi crediamo per un futuro possibile della provincia dolomitica ove viviamo, aspettiamoci quella disgregazione delle comunità della provincia già iniziata con i comuni referendari ed un continuo dilagare della sfiducia nella politica, nel tentativo estremo di salvarci per singole vallate. Il tempo è ora, non domani. Più segnali, anche se spesso non visti o sottovalutati dagli stessi cittadini rassegnati, indicano che occorre una presa di posizione forte ed unitaria ora!
Il comitato Belluno Autonoma, Dolomiti Regione non si sente sconfitto. E’ a disposizione dei bellunesi per contrastare il degrado, l’abbandono, l’inerzia, il cinismo e per coltivare la speranza e il diritto di fare tutto ciò che è necessario per garantire il diritto di vivere ai montanari delle Dolomiti. Qui siamo nati e cresciuti e intendiamo restarci, nell’ostinato e duraturo impegno per accudire un territorio difficile, ingrato e bellissimo, del quale siamo e continueremo ad essere orgogliosi custodi.
In ogni caso “Meglio un povero di condotta integra che un ricco di costumi perversi” Proverbi 19,1.