Sabato scorso, 18 settembre, a Belluno nella sala Della Lucia presso il centro Giovanni XXIII°, si è tenuta la conferenza stampa nella quale abbiamo dato avvio alla campagna di raccolta delle firme a sostegno del referendum per Belluno Autonoma.
Ecco come ne ha parlato Bellunopress in un articolo che qui vi riproponiamo:
E’ partita la raccolta di firme per Belluno Autonoma in una Regione Dolomiti. Il Comitato, formato da cittadini trasversali agli schieramenti politici, punta ora a raccogliere le 8.000 firme necessarie per chiedere al consiglio provinciale l’indizione del referendum. Le anagrafe dei Comuni e gazebo dislocati un po’ ovunque sono pronti ad accogliere l’ istanza dei bellunesi delusi dalla politica e convinti che solo la volontà popolare possa far cambiare le cose.
Bastano alcuni dati per rendersi conto delle differenze tra Belluno e i cugini dolomitici di Trento e Bolzano, che ultimamente sono riusciti a rinegoziare con il Governo e lo Stato italiano il loro status. Belluno copre il 20% del Veneto a fronte di una popolazione di solo il 4,5% (ecco una delle ragioni perché nelle stanze dei bottoni nessuno se li fila i bellunesi). Se ne vanno, in un modo o nell’altro, 800 persone ogni anno. La previsione del Comitato per il referendum è che in 20 anni spariranno altrettanti Comuni.
Belluno conta 420 alberghi, Bolzano 5.000, mentre il bilancio della Provincia di Belluno ammonta a 0,5 miliardi di euro e quello di Bolzano a 5 miliardi di euro. Poi c’è un lungo elenco di difficoltà differenziali che va dal digital divide ai trasporti, dalla scuola e la formazione all’occupazione, dal turismo alla sanità e via di questo passo. L’idea in ballo è che Belluno, con Trento e Bolzano diventi la terza Provincia dolomitica autonoma.
I promotori sanno che tutta la politica gli remerà contro, o tenterà di strumentalizzare la cosa, ma vanno avanti per la loro strada. Sicuramente è una patata bollente per la Lega, che dopo aver appoggiato i referendari in campagna elettorale ora dovrà scoprire le sue carte. C’è infatti l’eventualità che Palazzo Piloni cassi il referendum ancora prima che nasca, visto che Venezia e la Regione lo vedono come il fumo negli occhi.