di Silvano Martini
La provincia di Belluno ha fatto oggi un altro passo del cammino verso l’autogoverno. Il presidente del consiglio provinciale, Stefano Ghezze, ha depositato stamane, presso l’Ufficio centrale per il Referendum costituito presso la Corte Suprema di Cassazione italiana in Roma gli atti con i quali il Consiglio Provinciale chiede di indire il referendum per il passaggio della provincia di Belluno alla Regione Trentino Alto Adige-Südtirol. Entro 30 giorni verrà data risposta per proseguire poi con l’iter istituzionale, completato il quale la parola verrà data ai cittadini Bellunesi.
Il presidente del Consiglio Provinciale Stefano Ghezze ha bene operato a dimostrazione che il consiglio provinciale, che ha votato a larghissima maggioranza a favore del referendum, incaricando proprio Ghezze di seguire le pratiche, ha ben riposto la sua fiducia.
Come ho avuto modo di dire, nel mio intervento in consiglio, sono e resto convinto che è venuto il tempo in cui noi cittadini delle diverse realtà della provincia di Belluno otterremo, attraverso lo strumento del referendum, una forma reale di Autonomia, una possibilità cioè di autogoverno che è indispensabile per non dover continuare a pagare sulla nostra pelle gli errori di chi non abita e non conosce il nostro territorio.
Ho detto e ripeto che la dimostrazione, tragica, di quanto è avvenuto sinora è il disastro del Vajont che è stato causato dalle scelte criminali di una politica colonialista e rapace che ha fatto pagare, a 1909 innocenti, nostri concittadini e fratelli, gli sbagli di chi se ne stava in qualche comodo ufficio lontano dal Bellunese.
Sia chiaro a tutti che i cittadini Bellunesi non vogliono “andare a farsi comandare da Trento o Bolzano”, come sostengono i detrattori del referendum, ma che aggregare la nostra provincia a una regione che trasferisce automaticamente il 98 % delle competenze alle sue province è una soluzione intelligente.
E smettiamola di dire che la provincia di Belluno non ha risorse sufficienti per mantenersi, perché è una provincia ricca, che non dovrà andare, MAI PIU’, col cappello in mano a mendicare quattro soldi oppure subire l’onta di non avere nemmeno un rappresentante in giunta regionale, perché ininfluenti nella matematica elettorale.
Le risorse per gestire la provincia ci sono solo che altri le gestiscono, altre risorse dovremo riprendercele, a cominciare dalle concessioni idroelettriche: esse sono state concepite come forma moderna di colonialismo parassita e sono il cancro che da 50 anni erode l’organismo del bellunese.
Sono convinto che molte responsabilità nella mancanza di cultura autonomista in provincia di Belluno, e più in generale nell’atteggiamento supino e rinunciatario di molti, che occupano posizioni di potere, sia dovuta ad una classe politica che ha fatto dell’Ignavia una regola di vita.
“Chi pecora si fa il lupo se lo mangia” dice il proverbio e questo non è più accettabile perché il territorio bellunese deve essere, per i suoi rappresentanti politici, l’unico datore di lavoro al quale rispondere e per il quale lavorare.
E’ ora di reclamare con forza che la provincia di Belluno, Terra di spazi e di silenzi, Terra di grandi popoli, che della loro differenza faranno ricchezza, farà sentire la propria voce. L’autonomia non è più un sogno, perché decideremo, da cittadini liberi, di averla.
Essa non è un regalo che chiediamo, ma un diritto connaturato ai popoli. Ci spetta: e basta !