di Diego Cason
Alla vigilia del Natale 2010, che celebra la rinascita, in provincia di Belluno si muove una speranza anche sulla scena della politica locale. Tutti sanno che all’inizio del prossimo anno sarà discussa e votata, in Consiglio Provinciale, la proposta di referendum per il trasferimento della Provincia di Belluno alla Regione Trentino Alto Adige. Pochi si rendono conto che è già avvenuto un primo miracolo. La discussione intorno a questa iniziativa è stata pacifica, serena, seria e orientata a trovare un accordo tra tutte le forze politiche in Provincia. Se l’11 gennaio tutti i Consiglieri voteranno a favore del referendum, come mi auguro, accadrà un evento memorabile nella storia dei Bellunesi. Per la prima volta prendono un’iniziativa politica, di grande rilevanza, insieme. E lo faranno anche se, com’è del tutto legittimo e necessario, continueranno ad avere opinioni diverse e contrastanti.
Se in questo clima politico, dove i problemi non mancano, i Consiglieri provinciali raggiungeranno questo risultato, dovranno essere ringraziati, uno per uno, per la capacità di cogliere l’importanza dell’iniziativa referendaria. Il referendum è un fatto utile in sé. Nelle discussioni che accenderà saranno importati le opinioni di chi inviterà a votare si e di chi inviterà a votare no. Le comunità bellunesi hanno bisogno di discutere del proprio futuro, hanno bisogno di confrontarsi, hanno bisogno di democrazia partecipata. Soprattutto in questo momento, nel quale è in gioco la loro sopravvivenza. Se il dibattito referendario si svolgerà, com’è nostro dovere garantire, nel rispetto reciproco, nell’ascolto delle ragioni altrui e nella ricerca del bene comune, il risultato sarà positivo.
I bellunesi delle diverse comunità hanno, soprattutto, bisogno di fiducia in sé stessi e il referendum è una buona occasione per comprendere che, condividendo degli obiettivi, possiamo trovare soluzioni adeguate. Esistono risorse umane ed economiche molto rilevanti in Provincia. C’è una formidabile capacità di produrre cultura, merci e processi produttivi innovativi, c’è desiderio d’impegno personale e collettivo, c’è una straordinaria capacità di esprimere iniziative solidali, ci sono intelligenze ed eccellenze neglette e trascurate. Allo stesso tempo, c’è troppa rassegnazione, sfiducia e pessimismo, molti hanno una stima di sé infima, tanto che affidano il proprio destino ai Governatori delle Provincie limitrofe piuttosto che fidarsi dei propri concittadini con i quali hanno, nel bene e nel male, condiviso centocinquanta anni di storia patria, (per alcuni sono solo novantadue).
In questo senso, le affermazioni del Presidente della Provincia di Bolzano, Luis Durnwalder, sul referendum bellunese, sono illuminanti. Egli fa il mestiere suo e difende, con tutti i mezzi, gli interessi dei suoi cittadini. Finora, non per sua colpa, considera il referendum una minaccia. Non è così. I referendari bellunesi chiedono il trasferimento ad altra Regione per sopravvivere. Non chiedono lo statuto speciale di Trento e Bolzano, ma un altro tipo di autonomia provinciale, non desiderano condividere le risorse economiche e finanziarie delle due province. Non intendono interferire, in alcun modo, sulla loro autonomia.
I bellunesi sono ricchi in proprio ed esigono solo i trasferimenti dello Stato di cui già sono titolari. Non abbiamo bisogno di privilegi e specialità, abbiamo bisogno di poter decidere liberamente nel rispetto delle leggi. Non siamo dei barboni che chiedono un posto alla loro mensa. Abbiamo le cantine con salami appesi grassi quanto i loro. Solo che sono altri a decidere come, quando e in che modo usare le risorse che ci sono trasferite e questo ci sta portando alla rovina. Per questo i timori di Durnwalder sono infondati. E’ interessante, invece, che i bellunesi diano a questo episodio l’importanza che non ha.
Si coglie l’occasione per sostenere che senza l’accordo e l’aiuto degli altri non siamo capaci di combinare nulla di buono. Ancora una volta emerge la secolare rassegnazione dei depressi. Se abbiamo un nemico non è Durnwalder, la Regione Veneto, lo Stato Italiano e nemmeno Mercurio nel Leone. Il nemico che abbiamo è l’atavica sfiducia in noi stessi. Ciò che ci rovina è distruggere le speranze, ancor prima che nascano. Non cercare il bene ma vagheggiare il meglio. Alcuni affermano che il referendum è un trucco per ottenere altri obiettivi, che serve per ottenere più soldi, che è rivolto contro le iniziative referendarie dei Comuni. Si sbagliano ma gli insicuri vedono complotti ovunque. Temono ogni cambiamento per timore di perdere privilegi, coltivati come il radicchio tardivo nelle serre invernali.
Se i Re Magi fossero stati dei depressi increduli così, avrebbero seguito la cometa per mezza giornata, poi si sarebbero fumati l’incenso e la mirra e avrebbero perduto l’oro che avevano con sè. Non sarebbero arrivati alla stalla della rinascita e avrebbero trascorso la vita nella disperazione. Sappiamo fare di meglio. E, cittadini ed istituzioni, insieme, lo faremo.