“Se si vuole percorrere la strada delle fusioni dei comuni, la scelta deve essere dei cittadini, non un’imposizione dall’alto”: il movimento Belluno Autonoma Regione Dolomiti boccia la proposta a firma Partito Democratico dell’unione forzata tra comuni sotto i 5000 abitanti.
“Bene la revisione della spesa, ma non si può continuare a farla sulle spalle delle piccole realtà. – commentano dal Bard – Sappiamo tutti che i costi della spesa pubblica non sono i comuni, così come non lo sono le province: imporre dall’alto le fusioni vuol dire togliere ancora una volta rappresentatività alla periferia e ai piccoli centri”.
“Ha ragione l’assessore regionale Bottacin quando dice “O la Costituzione è diventata un optional, oppure va rispettata”: – proseguono dal movimento – non siamo a priori contro le fusioni, ma queste devono avvenire per scelta delle amministrazioni coinvolte e dei cittadini, tramite referendum. Gli esempi bellunesi, da Quero Vas a Longarone, fino ai recenti casi di Alpago e Val di Zoldo, sono un segnale chiaro che la fusione può funzionare solo con la consapevolezza di cittadini e sindaci”.
“Altro tema preoccupante è quello delle risorse per gli enti locali. – concludono dal direttivo – Ora sono previsti incentivi per comuni che chiedono la fusione, ma con l’unione imposta da Roma si arriverebbe al massacro economico: niente bonus per i comuni fusi d’imperio che non avevano già avviato il processo di fusione e riduzione dei trasferimenti erariali alle regioni che non provvedano all’unione degli enti locali. I nostri territori hanno bisogno di servizi, e per garantirli il governo non può delegare ai fondi di confine: si ripristino i trasferimenti ai comuni ai livelli del 2008, in modo che ogni municipio possa garantire tutele e funzionalità ai suoi cittadini. Solo così, la scelta delle fusioni sarà veramente libera, senza il continuo incubo dei tagli lineari e l’effimero sollievo degli incentivi, destinati ad esaurirsi in pochi anni”.