“I dati pubblicati dalla stampa locale sul futuro della Camera di Commercio di Treviso sono tutt’altro che rassicuranti: perchè insistere con la fusione?”. Andrea Bona, candidato del Bard-Veneto Civico alle regionali di domenica, torna a chiedere al presidente dell’ente camerale bellunese di riflettere sull’aggregazione con Treviso: “Curto vuole percorrere questa strada a tutti i costi, ma il mondo produttivo bellunese è perplesso, e questi dati certo non aiutano”:
Un disavanzo previsto nel 2015 di 2,3 milioni di euro e un taglio ai servizi alle imprese pari al 90% in quattro anni: questa la situazione della Camera trevigiana. “Belluno rischia di fondersi con una realtà che già presenta una situazione difficile – spiega Bona – e i limitati risparmi di gestione ottenuti dalla fusione certo non risolverebbero la questione. Treviso, poi, passerà dagli 8 milioni di euro per servizi alle imprese del 2014 ai 780mila del 2017. Quante speranze ci saranno per le circa 15mila imprese bellunesi, che dovranno confrontarsi con le quasi 95mila aziende trevigiane?”
Bona torna quindi a lanciare con decisione la richiesta di un dialogo con Trento: “Anche l’ente camerale trentino – in via previsionale – dovrebbe chiudere il 2015 in disavanzo, ma i valori sono nettamente inferiori a quelli di Treviso, circa il 50% in meno. L’economia della montagna è totalmente diversa da quella di pianura, per tipologia e necessità di interventi: basti pensare che dal 2005 la Camera di Commercio bellunese adotta come prezzario per le opere edili l’elenco prezzi della Provincia autonoma di Trento. Gli imprenditori continuano a contattarmi per avviare il confronto con Trento; anche l’onorevole Lorenzo Dellai ha rilanciato la possibilità di una collaborazione tra gli enti dell’arco alpino. Torno quindi a chiedere al presidente Curto un segnale forte: ascolti i suoi associati e parli con Trento. Poi, visto che non c’è nessuna urgenza per la fusione, – conclude Bona – ci si può ancora battere a Roma per vedere ridotti i tagli ai diritti camerali, in nome della specificità che consente alla Camere di Belluno e Sondrio di rimanere autonome, escludendole dal “quorum” delle 80mila imprese”.