Anche il movimento Belluno Autonoma Regione Dolomiti entra nel dibattito sullo scenario sanitario bellunese: «Servono incentivi e contratti integrativi per convincere i professionisti a venire in montagna a lavorare, sul modello di Bolzano, ma questo non è sufficiente, come dimostra la stessa provincia altoatesina. I tagli dei trasferimenti statali agli enti locali hanno comportato difficoltà nella gestione e pianificazione dei servizi, e così non si può andare avanti».
Per i vertici del movimento, «un medico viene a lavorare in montagna certo attratto da uno stipendio adeguato e incentivante, ma servono anche strutture all’altezza, macchinari moderni, prospettive. Senza soldi, nulla di questo si può fare: serve un’autonomia che consenta alle realtà locali di pianificare e investire anche in sanità. A forza di stringere la cinghia per volere di Roma, stiamo facendo le nozze con i fichi secchi. La soluzione non è quella di chiudere gli ospedali, come propone qualcuno, ma al contrario di investire e renderli “attrattivi” per i professionisti».
Diversi quindi gli aspetti su cui intervenire: «Serve innanzitutto il ripristino dei trasferimenti statali agli enti locali almeno ai livelli pre-crisi; con l’autonomia dei territorio, servirà un piano di interventi, investimenti ed incentivi. Bisognerà ragionare anche con il mondo universitario sulle specializzazioni e sui corsi a numero chiuso. – concludono dal Bard – Dalla Regione servirà poi un piano socio-sanitario che riconosca le difficoltà e le problematiche della gestione sanitaria in montagna, assicurando adeguate coperture finanziarie».